Ieri abbiamo portato gli aiuti a Georgievka.
Le storie sono troppe, persino per me.
Ma una mi ha lasciata particolarmente impressionata.
Mi ha colpito così tanto che l’ho scritta quasi subito. Sebbene quando stavamo là, nel villaggio, non ho capito niente. Questa storia mi ha trovato di notte. Yulia, Nastia, sono ad un tratto venute da me e si sono fermate di fronte ai miei occhi. Non ho dormito più.
– Quante persone c’erano?
Nastia risponde con una voce d’acciaio, senza lacrime, senza lagne e sentimenti, benché abbia solo 16 anni:
– Nove. 6 missili sono caduti prima. I miei due cugini sono stati uccisi subito.
Nastia guarda senza batter ciglio. La sua zia che d’estate è rimasta senza casa a Khryashchevatoe e senza figlio:
– Nastia era in pieno conoscimento, quando è successo tutto ciò. Stavo sdraiata vicino e ho visto tutto.

Nastia è capitata sotto un bombardamento, con i Grad, per strada il 10 agosto nel villaggio Yasnoe. Sotto i suoi occhi sono stati uccisi quasi tutti quelli che erano accanto a lei, inclusi due cugini. Lei stessa è stata colpita con delle schegge – la pancia, la spalla, le gambe. Una parte delle schegge sono state tolte, altre continuano a vivere nel suo corpo.
Lei stava per terra e vedeva come cadevano dei Grad. I missili arrivavano ed esplodevano.
Stava accanto ai corpi dei cugini.
È possibile comprenderlo? Nello stesso villaggio un uomo si è suicidato, schiacciato dalla morte dei suoi cari.
E lei ricorda tutto fino all’ultimo particolare.
Questa ragazzina è più matura di tanti miei coetanei. Non ho mai visto in nessuna persona una tale forza. Le sue parole tagliano e arrivano alle ossa. Non si vede nemmeno una lacrima, niente. Solo una forte convinzione nelle parole.
La zia la spinge:
– Fai vedere le ferite.
Mi sento imbarazzata. Nastia, con la stessa voce d’acciaio, come se lo facesse tutti i giorni:
“Non fa niente. Quando stavo all’ospedale a Kharkov, mi hanno fatto un video. Ho raccontato le stesse cose. Non mi importa. Dopo lo trasmettevano in TV”.
Nastia spoglia diverse parti del corpo. Non riesco a resistere. Mi sento una giornalista in ricerca di uno scandalo, pronta di oltrepassare qualsiasi limite per una sensazione. Faccio tante foto. E poi mi vergogno. E a Nastia non importa niente. Mi guarda senza nessun’emozione: Quante altre persone – giornalisti, osservatori dell’OSCE, semplici sfaccendati – le domandavano le stesse cose?
Non le importa niente. Tutti vengono per una sensazione, per uno scatto. E Lei se ne infischia.

Accanto c’è Yulia, mamma di due bambini. La sua treccia è così folta, che chiunque ne sarebbe invidioso.
Yulia è scappata insieme col marito e figli da Georgievka, quando stavano bombardando l’aeroporto – è molto vicino. Suo marito è stato ucciso accanto a Nastia, quando si sono trasferiti da Georgievka a Yasnoe.
Ha una voce molto dolce, sorride. È così giovane e bella.
Posso fare una foto della tua treccia?
Ho voglia di darle subito del tu, la voglio abbracciare, coccolare, fare con lei una chiacchierata. Un attimo, aspetti. Queste lacrime…

Siamo venuti qui da loro, perché erano nella lista dei bisognosi che ci ha dato il capo consiglio rurale.
Vi sono famiglie diverse. Ci sono delle nonne che subito si mettono a piangere. Qualcuno di loro lo fa davvero per gratitudine e dolore. Qualcuno invece piange, cercando di farci impietosire. Iniziano a lamentarsi, a pigolare. Sebbene a volte a casa di questi “piagnucoloni” si vedono delle provviste e in generale non stanno così male, rispetto agli altri.
Nella famiglia Dovtiuk tutto è diverso.
Quando siamo venuti tutti sorridevano. Non sapevamo nulla della loro storia e ridevamo insieme a loro e loro ci ringraziavano.

E poi ho iniziato a fare delle domande.
Rimma Nikolaevna quasi subito ha tirato fuori le foto del figlio e del nipote.
Nastia subito è diventata triste. Penso che nella sua testa girava :”Ecco, di nuovo”.

Nastia, Yulia, non avrei mai fatto questo, non avevo l’intenzione di tirare fuori il passato, il dolore. Queste foto. Questi video.
Ogni volta quando entriamo in una casa e sentiamo queste storie, sento una forte vergogna. Come se passasi con degli stivaloni sporchi sopra qualcosa del sacro.
Ma purtroppo la realtà è che senza queste foto e video non riuscirò a portarvi alto aiuto, ancora e ancora.
17 maggio 2015